Ricordo di Jori Fedele
Mi fa piacere ricordare che Guido ed io abbiamo iniziato la nostra vita insieme; figli di due amiche legate dall'interesse per la pittura e per la musica, che si incontravano solo ad Alassio dove entrambe le loro famiglie,intorno al 1920, avevano acquistato una villa nella stessa zona. Anche noi due ci incontravamo solo ad Alassio ogni estate. Da bambini giocavamo " agli Indiani ". La sua tribù, i Senéca, era di collina; la mia, i Nirvalos, era di mare. Ricordo epiche battaglie. Guido veniva da Napoli e io da Milano; in seguito ci ha legati una grande simpatia reciproca, l'interesse per l'arte,l'impegno politico negli anni '60, la voglia di fare cose straordinarie. Spesso passavamo i pomeriggi a Villa Levi ciascuno esercitando la propria arte: lui la pittura ed io la scultura. La sera, dopo cena, ci cimentavamo in inimmaginabili "jam sessions" col suo sassofono e la mia batteria di pentole, coperchi e bicchieri. Poi, quasi contemporaneamente, ci siamo sposati. Di queste cose sapevamo solo riincontrandoci ogni estate. Abbiamo avuto figli coetanei ed entrambi li abbiamo iniziati ai nostri giochi infantili. Ogni estate li portavamo alla Festa dell'Unità dove essi ci costringevano a ballare ininterrottamente fino all'odiato finale del " ballo del quà-quà " rimasto leggendario. Guido, Stefano ed io li reclutavamo ogni anno per la gara dei "Castelli di sabbia" che vincevamo regolarmente e i titoli delle opere erano sempre di Guido, originalissimi. Ci fu anche la serie delle commedie scritte da Arianna per le quali Guido si autonominava regista. Io mi occupavo delle
scenografie. Attori solo i molti ragazzi, fratelli, cugini e amici.
L'entusiasmo di Guido era contagioso e travolgente. Lo stesso entusiasmo che è stata una sua costante caratteriale: Solo così si può spiegare come potesse correre la mattina per chilometri tra mare e colline, presentarsi in spiaggia, bianco di crema per il sole, per una lunga nuotata con Marcella. Disboscare nel pomeriggio ampi terrazzamenti del giardino. Sedersi al cavalletto per un ritratto o un paesaggio discorrendo con grande competenza di argomenti d'ogni tipo con chi si trovasse vicino. Sedersi a tavola per la cena conviviale con la stessa vitalità e, a volte, obbligarci a un dopo cena imprevisto, spesso musicale se c'erano i validissimi Carlo e Davide.
Nel nostro ultimo incontro,nel giugno scorso, per le nozze di Valentina, ho ritrovato un Guido immutabile nelle caratteristiche che ho descritto, tutto entusiasta per un progetto di mostra dei suoi quadri, di quelli di Stefano e delle mie sculture da allestire ad Alassio nella Chiesa Anglicana. Voleva intitolarla, incredibilmente, " Carlo Levi e il ballo del quà-quà " e io e Ilaria ci eravamo detti, con un sentimento affettuoso e rassegnato, " é il solito Guido ".
Mi fa piacere ricordare che Guido ed io abbiamo iniziato la nostra vita insieme; figli di due amiche legate dall'interesse per la pittura e per la musica, che si incontravano solo ad Alassio dove entrambe le loro famiglie,intorno al 1920, avevano acquistato una villa nella stessa zona. Anche noi due ci incontravamo solo ad Alassio ogni estate. Da bambini giocavamo " agli Indiani ". La sua tribù, i Senéca, era di collina; la mia, i Nirvalos, era di mare. Ricordo epiche battaglie. Guido veniva da Napoli e io da Milano; in seguito ci ha legati una grande simpatia reciproca, l'interesse per l'arte,l'impegno politico negli anni '60, la voglia di fare cose straordinarie. Spesso passavamo i pomeriggi a Villa Levi ciascuno esercitando la propria arte: lui la pittura ed io la scultura. La sera, dopo cena, ci cimentavamo in inimmaginabili "jam sessions" col suo sassofono e la mia batteria di pentole, coperchi e bicchieri. Poi, quasi contemporaneamente, ci siamo sposati. Di queste cose sapevamo solo riincontrandoci ogni estate. Abbiamo avuto figli coetanei ed entrambi li abbiamo iniziati ai nostri giochi infantili. Ogni estate li portavamo alla Festa dell'Unità dove essi ci costringevano a ballare ininterrottamente fino all'odiato finale del " ballo del quà-quà " rimasto leggendario. Guido, Stefano ed io li reclutavamo ogni anno per la gara dei "Castelli di sabbia" che vincevamo regolarmente e i titoli delle opere erano sempre di Guido, originalissimi. Ci fu anche la serie delle commedie scritte da Arianna per le quali Guido si autonominava regista. Io mi occupavo delle
scenografie. Attori solo i molti ragazzi, fratelli, cugini e amici.
L'entusiasmo di Guido era contagioso e travolgente. Lo stesso entusiasmo che è stata una sua costante caratteriale: Solo così si può spiegare come potesse correre la mattina per chilometri tra mare e colline, presentarsi in spiaggia, bianco di crema per il sole, per una lunga nuotata con Marcella. Disboscare nel pomeriggio ampi terrazzamenti del giardino. Sedersi al cavalletto per un ritratto o un paesaggio discorrendo con grande competenza di argomenti d'ogni tipo con chi si trovasse vicino. Sedersi a tavola per la cena conviviale con la stessa vitalità e, a volte, obbligarci a un dopo cena imprevisto, spesso musicale se c'erano i validissimi Carlo e Davide.
Nel nostro ultimo incontro,nel giugno scorso, per le nozze di Valentina, ho ritrovato un Guido immutabile nelle caratteristiche che ho descritto, tutto entusiasta per un progetto di mostra dei suoi quadri, di quelli di Stefano e delle mie sculture da allestire ad Alassio nella Chiesa Anglicana. Voleva intitolarla, incredibilmente, " Carlo Levi e il ballo del quà-quà " e io e Ilaria ci eravamo detti, con un sentimento affettuoso e rassegnato, " é il solito Guido ".