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Parafrasi Alimentari di Guido Sacerdoti, 2013
· 1) A un cliente che chiedeva ragione di un curioso cinguettìo proveniente dal piatto che aveva ordinato, il cameriere rispose : “ Il merl-uzzo cinguetta sempre quando è cotto in bianco, per attirare la merl-uzza, specialmente in primavera, che è la stagione degli accoppiamenti”. Va bene “ rispose il cliente che non amava mostrare la sua ignoranza ittica e ornitologica dinanzi ai camerieri” ma la prossima volta mi dia un merl-uzzo castrato a dovere.”
· 2) Il Castrato cantava in falsetto arie barocche mentre la lingua salmistrata taceva, forse perché stonata .
· 3) Se la Morta-della evoca inevitabilmente l’idea della morte, la Cassata addirittura la cassa da morto, e la Mozza-rella il taglio delle mani per furto, il Tirami-su ci parla della resurrezione di Lazzaro, e gli Agnolotti dell’Agnus dei.
· 4) Ai discepoli che gli chiedevano se per mangiare il pesto occorra avere uno oppure entrambi gli occhi pesti, Rabbi Eliazar usava rispondere: “Non è tanto importante il pesto e neppure la vista, ma la qualità delle trenette e il loro grado di cottura, come ci ha insegnato il nostro maestro Mosè mutando la verga in trenetta”.
· 5) Re Salomone era celebre, più che per la sua saggezza e per le sue mille concubine, per il modo con cui preparava il salmone in salmì, passando nottetempo da una cucina all’altra del suo sterminato palazzo. Finché incontrò Salomè che gli fece conoscere le delizie del salame e della salamoia. Al loro apparire per le strade della città, il popolo sollevava le tuniche leggere è così li salutava: “ Salam, salam, Salomòn, salmì, salmì, Salomè.”
· 6)Nei ristoranti dell’antico quartiere ebraico di Roma ogni tipo di pasta, purchè kasher, è consentita. Una sola varietà non viene mai ordinata: gli spa-ghetti.
· 7) Un comunista, che frequentava ogni sera da sempre le cucine del PCI per discutere con i compagni testi quali Il Manifesto della Cucina Comunista o La cucina permanente, La cucina in un paese solo , Che cucinare ? La cucina del rinnegato Kautskj, imponeva alla sua famiglia di mangiare esclusivamente cibi rossi. Alla sua morte, stanchi di alimentarsi con pomodori, gamberi e ciliegie, i figli, che intanto si erano iscritti ad Avanguardia Nazionale, festeggiarono la morte del padre con un piatto di spaghetti al nero di seppia.
(dedicata a Giancarlo Cosenza)
· 8) La pizza Margherita minacciava la pizza ex-PCI: “Entriamo nel forno nuovamente separate!” “ No a pizze tipo Quattro formaggi: no a inciuci di questo tipo!”-replicava la pizza DS- “ Piuttosto meglio un Calzone!” “ Così non si rispettano le quote rosa!” rispondeva strumentalmente la pizza Margherita. La questione risultava irrisolvibile per il Pizzaiolo, anche perché la Pizza Capricciosa, che contava sul 25% dei clienti, diceva:” O nel forno da sola, o niente.”
“ Occorrerebbe una Pizza Condivisa” – si augurò il Pizzaiolo-“ buona almeno per Quattro Stagioni”.
Ne venne fuori una pizza che si limitò a sospendere l’infornata di giugno, a rivedere il finanziamento pubblico ai forni autorizzando sconti sulla legna, e sulle pale per infornare, ma, quanto alla revisione del friariello elettorale, tutto si risolse a tarallucci e vino.
· 9)“ Non è per razzismo” disse la gallina “ ma l’uovo all’occhio di bue confonde ovipari e mammiferi, che la natura ha invece creato dotandoli di attributi nettamente distinti. “ Intanto”- replicò l’anfibio” la Francia ha autorizzato il matrimonio tra limoni e scaloppine”. “ Dimentichi che noi”- chiocciò la gallina” siamo un paese di Cucina Cattolica !”.
· 10) Cozze civili o cozze religiose? Comunque sia, la cozza può sempre divenire un penoso supplì, se gli sposi scoprono di non avere gli stessi gusti.
· 11) “Cameriere, questi spaghetti sono troppo al dente!”
“Il nostro chef è un odontoiatra, signore”rispose il cameriere.
“Sono di bocca buona, io” replicò il signore” ma questi spaghetti sembrano proprio porcellana”
“ E’ una nuova lega, signore” precisò il cameriere” che esime dalla necessità dello stuzzicadenti”
“Una nuova lega? Niente spaghi tra i denti? Ma guarda dove è arrivata la scienza moderna!” esclamò il signore colmo di sincera ammirazione.
Intanto il cameriere si era infilato guanti di lattice e aveva indossato una mascherina da chirurgo. Il signore aveva reclinato il capo sulla spalliera della sedia e già apriva docilmente la bocca.
“ Signore, ora le farò una leggera anestesia con uno spicchio d’aglio” disse il cameriere con tono rassicurante.
“Purché si sbrighi a far soffriggere l’olio” rispose il signore pentito di aver rimandato in cucina il piatto di spaghetti aglio e olio che aveva ordinato.
(dedicato a Luigi Mansi)
· 12) LILIANA “ Il segno più chiaro della presenza del Maligno” concluse l’Esorcista infilandosi in bocca con voluttà il “ boccone del prete” è, nei secoli, il Pollo alla Diavola”. “ La suora di clausura gli rispose (mentalmente) : “ Noi Lo combattiamo, il pollo alla Diavola, preparando, nel forno del chiostro, ogni notte alle 4, in silenzio, il Pane degli Angeli. Poi ne assaggiamo un boccone, attendendo l’alba in preghiera”. “ Non basta per salvarsi dalle fiamme dell’Inferno” urlò l’Esorcista “ E’ il desiderio della carne … alla brace … che va combattuto! Attenetevi, piccole suore, al pollo lesso … al brodino di carne … alle tisane, che tengono a distanza le salsicce piccanti del Maligno”.
· 13) MARCO Era così dolce per lo Zucchero a velo starsene ad ascoltare la musica sinuosa della danza dei sette veli e gli altri CD di Jazz, lassù, tra i quadri di Carlo Veli, davanti alla finestra, guardando distrattamente il golfo dove uscivano le pastiere con i loro grandi fiocchi di avena gonfiati dalla brezza! ma quando cominciavano a cadere le prime foglie e quel vento fresco scendeva dal Vesuvio imbiancato dalla prima neve, avrebbe preferito essere uno zucchero meno leggero, un tessuto meno vaporoso del velo, piuttosto una glassa compatta su una cassata.
·
14)MARCELLA Che i Cannoli siano stati adottati dalla cucina veneta in ricordo della battaglia di Lepanto quando centinaia di cannoli gettarono, inabissandole, sulle galere turche tonnellate di palle alla crema, è un dato confermato anche dalla Storiografia più vicina alle Zuppette. Che i Cannolicchi si mangino per ricordare i cannoncini da trincea della Prima Guerra Mondiale è questione più controversa, anche se ripresa recentemente da Scaturchio nel suo autorevole “ Cannoli e cannolicchi nel secolo breve” ed. Mulino Bianco.
· GUELFO 15)Un incestuoso avvocato di Forlì amava succhiare le caramelle Rossana: indovinate come si chiamava sua figlia.
· 16) La proposta teorica di Matte Blanco di una Cucina simmetrica porta al riconoscimento di una forma ibrida di cucina, la bi-cucina, che utilizza tanto gli ingredienti della tradizione culinaria classica, quanto le modalità della cucina simmetrica, nella quale domina il principio della reversibilità assoluta di tutti i piatti che via via si presentano nel profondo minestrone dell’inconscio.
Lacan, nel seminario II, e precisamente nel capitolo intitolato Di un gratin da non servire ci fa notare che il Godimento della pasta con ricotta, cioè la Cosa freudiana, è un sembiante o il contrario del sembiante, che è il non- si-può -non-cucinare, ma solo in quanto si riferisce al Discorso del Formaggio.
Quanto al grande Bion e alla sua autobiografia di non-ricette inconsce, intitolato Memorie del futuro , se niente se ne capisce, in ciò sembra consistere il retro-gusto del suo insegnamento: la Griglia della triglia è un Atto di fede, una Torta di Babele , un Arrosto di base, un Apparato per cucinare volto a spogliare lo chef dai ogni pre-concezione, perchè senta, ad ogni seduta davanti ai fornelli, di non aver mai visto prima quel piatto, che pure prepara più volte alla settimana, da anni, con il medesimo commensale .
· 17) Come si legge nelle Mille e una notte Alì BABA’ amava tanto il rum da portare un turbante sempre imbevuto di quel conturbante liquore. Sugli ogivali tetti biancheggianti della Galleria Principe Umberto, attorno alle guglie aguzze dei minareti di piazza Trieste e Trento, nelle mille Dolci Voglie di Bagdad, i passi notturni del BABA’ erano segnati da una scia fosforescente di gocce zuccherine.
Una notte , ebbro di RUM e di RUM-BA, sentendo che i quaranta ladroni sarebbero venuti a mangiarselo, si inondò di rum e disse loro :” Non mi uccidete: che vi darò la parte più preziosa del mio corpo.” E quelli, dopo essersi a lungo interrogati, conclusero , essendo rozzi e perversi, che la parte più preziosa non potesse non essere quella che più somigliava al babà. La divisero in quaranta bocconi e se la mangiarono, finendo ubriachi per tutto quel rum. Mentre erano addormentati Alì, che li aveva abbabbiati, fuggì dalla pasticceria dove era stato rinchiuso e si affrettò a fissare un appuntamento alla clinica Gambrinus, con un noto pasticcere plastico che gli rimpiazzasse quanto prima il babà asportato . Nei secoli ogni mangiatore di babà fa rivivere, per fortuna senza saperlo, il mito del ritorno del babà rimosso.
· Soppesando a lungo e con meticolosa attenzione i pro e i contro della Sopressata, l’indeciso si infilò nella strada tortuosa del Tortano , per finire, nel cuore della notte, solo e morto di freddo (era inverno), in un Bianco a neve.
· “Non sei né sodo né alla coque!” Inveiva la madre adottiva contro l’uovo meticcio. “Non sei né carne né pesce!”, così ripetevano all’insalata.
· Le Barba-bietole usavano portare lunghe barbe rossastre arricciate come Cavacciuoli. Lo facevano per distinguersi dalle glabre Bietole, quando entravano nelle bettole della Bielorussia in compagnia delle Penne rigate.
· Le Penne rigate non è che scrivano molto bene: su una sfoglia di pastafrolla qualche lettera appare sempre sfocata, come se il fuoco, per un difetto dell’impianto, si spegnesse a intermittenza. Tanto vale usare i Rigatoni, che permettono una scrittura più ordinata, seguendo le righe. Da evitare i Tortellini, a meno che non si voglia ottenere una scrittura arabescata.
· Sponsorizzato dall’ International Board of Fried Food, è stato pubblicato di recente uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco a gruppi paralleli sulle gravidanze a rischio. Impiegando per i primi otto mesi una dieta esclusiva a base di paste- cresciute e, all’uscita di conto, di panza-rotti, la percentuale degli aborti- sostiene lo studio- scende a zero. L’osservazione che è stata mossa a questo risultato, peraltro alquanto incoraggiante, anche se richiedente ulteriori verifiche, la leggiamo in una lettera all’editore del gruppo della “Friggitoria di via Cimarosa”, riguardo il possibile ruolo svolto dall’olio fritto che, come è noto, è ricco di precursori tanto degli estrosi estrogeni, quanto del virile progesterone. Lo stesso gruppo propone un trial più numeroso, impiegando come controllo la Frittura all’italiana. C’è da chiedersi se le cast-agne siano più caste degli scurrili “tirami su” e se i “finocchi” davvero, come si dice tra la gente, siano segnati da particolari inclinazioni.
· Il Tim-ballo di riso amava, come è noto, il ballo e in particolare la Salsa. Sulle note di una salsa cubana faceva in televisione la reclame della TIM. Poi, senza ragione, fu licenziato e la smise di ridere. “Il riso fa buon sangue” gli aveva sempre detto sua madre. Ma quando entrò nella schiera degli esodati, il sangue gli divenne Sanguinaccio.
· Il Sanguinaccio, nonostante il nome che si portava addosso per colpa di certi avi assai violenti, non era un tipo cattivo. Certo era un po’ sanguigno, ma la Cioccolata amava farsi coccolare da un macho come lui. “ Porco” gli sussurrava nell’orecchio peloso mentre si fondevano.
· Coca e Cola erano due sorelle che si esibivano in un locale di Miami; Pepsy era la loro cugina di Chicago. Possiamo dire che erano tre ragazze un po’ drogate. Finchè incontrarono San Pellegrino, che le convertì (o cercò di farlo) a una vita un po’ meno frizzanti
· Nelle case da gioco, e nel gioco on-line, oltre alla solita roulette, è tornato di moda il Baccalà. E’ indegno che questo Stato, per fare cassa, incoraggi il Baccalà. Molta gente, non potendo far fronte ai debiti contratti con il Baccalà, si è suicidata. I telegiornali ce li fanno immaginare ormai rigidi come Stoccafissi. Occorrerebbe sottoscrivere una proposta di legge di iniziativa popolare per bandire il Baccalà una volta per tutte. ·
18) XMIRIAM Intinse la penna nel calamaro e vergò con il nero di seppia una lettera che iniziava così: “ Gentile Signora M.,da quando ho danzato stretto tra le sue otto braccia, valva contro valva, le sue branchie appena imporporate, occhi di triglia dietro le pinne, al frangersi dell’acqua pazza contro la scogliera, l’orchestra persa nel plancton sublunare, la mia immaginazione è andata oltre i delfini dell’ardire, lontano, verso il faro del promontorio, sognando di incontrarla di nuovo. La mia vita nuoterà senza meta se domani, signora, alle 17 precise, non la rivedrò, all’ingresso posteriore del Vecchio Acquario, lontano da guizzi indiscreti, dove una carrozza di pescheria saprà condurci nella vasca dell’oblio e dell’ebbrezza”. Firmò Marcel e affidò la missiva alla sua nonna raccomandandole di cercare una certa pietra d’inciampo , che avrebbe identificato, sulla strada del tempo perduto, la casa della signora M..
· X19) GIORGIANel ristorante La Contessa le teste coronate avevano ormai terminato il banchetto e fuori, lungo le siepi di gigli di Francia, i lacchè, che dopo tante ore finivano per appisolarsi, si erano levati e già armeggiavano coi predellini delle carrozze foderate di raso, e già i cocchieri spegnevano le loro pipe di terracotta e sciacquavano le ciotole della pasta con le sarde.
“ Chiedo devotamente, con il rispetto che si deve a Lorsignori, a chi posso, umilmente, presentare questo piccolo conto, che potrebbe, ma non sarò certo io a suggerire alcunché alle vostre dottrine, essere suddiviso in tanti minuscoli conti , non potendo io, in quest’anno di carestia, offrir loro ciò che invece si meriterebbero, del che il mio cuore sarebbe altamente onorato”
sussurrò l’oste, inchinandosi fin quasi a toccare con la fronte le mattonelle di maiolica del pavimento, mentre alle sue spalle, ma a qualche passo di distanza, cuochi, camerieri e fantesche schierati sull’attenti come un drappello d’onore, fingevano di non guardare i resti caotici del banchetto, che giacevano sul broccato macchiato di vino e di salsa come le spoglie sanguinolente di uomini e animali dopo una battaglia.
I cembali, la spinetta, le mandole tacquero, imbarazzate. Ma , dopo un istante che parve interminabile, nell’improvviso silenzio iniziò un crescendo altissimo di dotte puntualizzazioni araldiche, il cui nucleo essenziale potrebbe essere così riassunto:
” Imperocchè re, monsignori, duchi, ecc. ecc. per secula seculorum, re Artù imperante sotto la lux Spiriti Sancti, coronato apud tabulam rutundam a Maria Virgo, ecc. ecc. mai contra naturam i conti fecerunt, conseguentiter e qui fioccò una serie di citazioni del Diritto Romano, che terminarono con una sentenza inappellabile :nulla pecunia ab illis exborsanda esto…”.
Le fonti dunque, nessuna esclusa, portavano inevitabilmente a una sola conclusione, che i conti dovessero essere saldati dai gentiluomini di rango inferiore, gli unici che potessero farlo senza violare la Magna Carta e lo spirito del Concilio di Trento, e cioè dai baroni.
Uno di questi, ridotto così sul lastrico e assillato dai creditori, finì per spararsi un colpo alle cervella nel suo palazzo della Duchesca.
· X20) ANNAMARIA e LUCIANel terso mattino di Annamaria gli arancini di riso maturavano sui rami protetti dalle stuoie, le bottiglie di limongello di ogni grandezza oscillavano alle prime brezze di primavera producendo un tintinnio argentino quando i refoli più vivaci accostavano il vetro in mille brindisi, i cavolfiori oscillavano sui lunghi steli mentre l’olio di semi grondava in gocce minuscole dai tronchi dei sedani. Se scavavi anche solo di un palmo, trovavi già maturi i panzarotti e più giù, perché ancora acerbe, le patate. Sulla sommità dei mandarini centenari le grandi pizze rotonde ospitavano le mucche pezzate sprizzanti latte in centinaia di ruoti, posti più giù, sulla biforcazione dei rami, dove il sole che filtrava tra le foglie, a fuoco lento, preparava besciamelle. Nel ruscelletto di ricotta nuotavano pigramente i dadi di prosciutto cotto; il salame, con il suo muso da tinca, faceva capolino tra i carciofi cardinalizi, sospesi a mezz’aria come gli asparagi, che a Maggio, la stagione dei matrimoni, sarebbero penetrati nelle stanze nuziali per fecondare le uova, già in boccio da un mese, come bianchi germogli dal cuore giallo, sulle grate dei pollai, dove polli e cipolle si accoppiano tra il granone e i limoni fosforescenti e le scorzette acidule e zuccherine di Lucia.
Nel suo letto solitario il vecchio pittore fiammingo sognava con nostalgia quella campagna .
· X 21)RENATO“Sei meno che zero !” urlava la torta multi foglie alla farina mentre il vento faceva stormire le sue molte foglie come una mano invisibile che sfogliasse i fogli di un libro voluminoso. E certo non aveva torto: la farina era “farina doppio zero” e aveva deciso di non mangiarsi più e di diventare anoressica, sottile come una sfoglia sottile. Lo psico-dietologo riuscì a farle ingoiare qualche Sfogliatella ogni giorno con la promessa che non sarebbe aumentata di un solo grammo. Le erano tornate le mestruazioni e lo comunicò con un SM allo psico-dietologo. Dal doppio zero passò allo zero e poi ai numeri positivi e presto si accorse che la madre- torta -multi foglie urlava ormai solo a sé stessa.
· X22) MARCELLANel 1848 gli spaghetti alla carbonara, incerti tra il parmigiano e il pecorino, avevano messo su un po’ di pancetta. Garibaldi, con la sua Spedizione, aggiunse loro del pepe, e Cavour li trasse fuori dalle miniere di carbone e dai camini, col disegno di inserirli nel gioco della Cucina Istituzionale. Ma presto- era nella loro natura di piatto ribelle alle codificazioni- finirono per tornare nelle cucine dei ristoranti a cospirare per l’Unità di Tutti gli Spaghetti Europei. Forti delle mille calorie per piatto, si spesero nel (tuttora) vano sforzo di portare a compimento il Grande Menù mazziniano, dopo il sacrificio dei Pesci Bandiera e le battaglie di Pastiera, Mascarpone e, per l’appunto, Carbonara.
· X23)ANGELAIl ragù era tremendamente lento: impiegava molte ore soltanto per essere chiamato così, e solo nelle cucine di Ragusa. A Siracusa lo chiamavano, Siragù, perché diceva sempre di si quando era in quella città. Quanto alla città indiana di Ragoon, se lo chiamavano fingeva di non comprendere il dialetto locale, e se ne stava pigramente a ribollire sui gradini del tempio.
Ma ancora più lenta era la Genovese, che , pur essendo una brava donna, faceva scorrere le lacrime a chi puliva i due chili di cipolle e poi le girava e rigirava nel tegame, per almeno tre ore, finché, liquefacendosi, diventava una pioggia d’oro , profumata con foglie di alloro, a condire quella parte preziosa del manzo che si chiama “corazza”, che deve rosolare nel vino fino a che il vino sia tutto evaporato,
mentre il grande fotografo è fotografato da briosce e dolcetti mentre occhieggia , sensuale e metafisico, dal piatto.
· X 24)ARIANNA Dopo aver percorso sentieri di-versi,si appoggiò allo scorfano dell’auto. L’auto si era improvvisamente arrestata giusto all’uscita della tangenziale nel momento in cui lei stava pensando a una zuppa di pesce o a qualcosa di simile. Forse era il branzino ad essersi ingolfato con la carpa del capitone, o era venuta meno, dopo tanti anni, la cernia del gamberone, forse era il tonno dello storione ad avere ceduto o il nasello, la dove il gianchetto si inserisce nel dentice della cernia.
“È la seppia che va cambiata” concluse invece il meccanico,.” Vede?” E tirò fuori dalla pentola del motore una seppia che un tempo doveva essere ripiena di carciofini e pinoli, e qualche antica alga. “ Oggi la seppia non la fanno in umido, come prima, ma stufata con piselli e pomodoro e questi non reggono, non reggono più la cottura e dopo meno di quarantamila chilometri si devono cambiare”. Artusi era un bravo meccanico e, cosa rara, veramente onesto.
· X Se la panna montata si era montata la testa, le spumette non erano da meno. Dopo una visita agli Uffizi andavano in giro dicendo che senza di loro Botticelli non avrebbe potuto dipingere quella schiuma leggera sulle increspature marine della Nascita di Venere. Poverine! È a tutti noto che sono solo il bianco di un uovo abbattuto.
· X La torta pasticcera La Torta Pasticcera, conseguito il diploma presso l’ Alta Scuola Alberghiera di Pannes ( la ridente cittadina della Cotta Azzurra sede del noto festival culinario), decise di aprire un negozio di dolci al numero 15 di rue de la Degustation. Sull’insegna fece scrivere in ghirigori demodé col tuorlo d’uovo (su un bel fondo color latte )“ La Torta -Pasticceria”.
Le cose andavano bene. Fin quando, sul marciapiede di fronte, e precisamente al numero 22, si aprì un altro negozio di dolci. L’insegna diceva “ La Dritta- Qui non si fanno pasticci”. Dobbiamo riconoscere che i dolci e i biscotti della “Dritta”, avendo come prototipo la “zuppetta”, erano sempre squadrati , terminavano rigorosamente ad angolo retto e presentavano virtuose superfici sempre perfettamente lisce. Anche i conti di cassata erano un libro aperto, per non parlare del savoiardo fiscale, che veniva sempre rilasciato.
Fu così che i clienti dei due negozi si divisero automaticamente secondo due tipologie: alla Diritta confluirono alti magistrati difensori della integrità della Costituzione del paese, intellettuali che avevano fatto voto di castità, asceti, professori di Filosofia Morale, vecchi esponenti del Partito d’Azione ; della Torta finirono per diventare acquirenti evasori fiscali, consiglieri provinciali, portaborse di politici autorevoli, alti prelati, commercialisti, piduisti, fruttivendoli.
· X Si arrestò sulla sogliola della porta di casa carezzandosi le tempie per il dolore: il solito mal di cefalo! Rientrò senza accendere la luce, afferrò l’aguglia e se ne iniettò nel gluteo tutto il contenuto .Oramai, quando la cefalea montava come un va e vieni di onde sempre più vigorose o impazzava in una improvvisa tempesta, la sardina Bayer risultava del tutto inefficace.
In pochi istanti la marea si quietò e fu in strada nell’aria salmastra del primo mattino. Sollevò la saraghinesca ed entrò guizzando nella sua pescheria, sarago e tonno come un ciciniello.
· 1) A un cliente che chiedeva ragione di un curioso cinguettìo proveniente dal piatto che aveva ordinato, il cameriere rispose : “ Il merl-uzzo cinguetta sempre quando è cotto in bianco, per attirare la merl-uzza, specialmente in primavera, che è la stagione degli accoppiamenti”. Va bene “ rispose il cliente che non amava mostrare la sua ignoranza ittica e ornitologica dinanzi ai camerieri” ma la prossima volta mi dia un merl-uzzo castrato a dovere.”
· 2) Il Castrato cantava in falsetto arie barocche mentre la lingua salmistrata taceva, forse perché stonata .
· 3) Se la Morta-della evoca inevitabilmente l’idea della morte, la Cassata addirittura la cassa da morto, e la Mozza-rella il taglio delle mani per furto, il Tirami-su ci parla della resurrezione di Lazzaro, e gli Agnolotti dell’Agnus dei.
· 4) Ai discepoli che gli chiedevano se per mangiare il pesto occorra avere uno oppure entrambi gli occhi pesti, Rabbi Eliazar usava rispondere: “Non è tanto importante il pesto e neppure la vista, ma la qualità delle trenette e il loro grado di cottura, come ci ha insegnato il nostro maestro Mosè mutando la verga in trenetta”.
· 5) Re Salomone era celebre, più che per la sua saggezza e per le sue mille concubine, per il modo con cui preparava il salmone in salmì, passando nottetempo da una cucina all’altra del suo sterminato palazzo. Finché incontrò Salomè che gli fece conoscere le delizie del salame e della salamoia. Al loro apparire per le strade della città, il popolo sollevava le tuniche leggere è così li salutava: “ Salam, salam, Salomòn, salmì, salmì, Salomè.”
· 6)Nei ristoranti dell’antico quartiere ebraico di Roma ogni tipo di pasta, purchè kasher, è consentita. Una sola varietà non viene mai ordinata: gli spa-ghetti.
· 7) Un comunista, che frequentava ogni sera da sempre le cucine del PCI per discutere con i compagni testi quali Il Manifesto della Cucina Comunista o La cucina permanente, La cucina in un paese solo , Che cucinare ? La cucina del rinnegato Kautskj, imponeva alla sua famiglia di mangiare esclusivamente cibi rossi. Alla sua morte, stanchi di alimentarsi con pomodori, gamberi e ciliegie, i figli, che intanto si erano iscritti ad Avanguardia Nazionale, festeggiarono la morte del padre con un piatto di spaghetti al nero di seppia.
(dedicata a Giancarlo Cosenza)
· 8) La pizza Margherita minacciava la pizza ex-PCI: “Entriamo nel forno nuovamente separate!” “ No a pizze tipo Quattro formaggi: no a inciuci di questo tipo!”-replicava la pizza DS- “ Piuttosto meglio un Calzone!” “ Così non si rispettano le quote rosa!” rispondeva strumentalmente la pizza Margherita. La questione risultava irrisolvibile per il Pizzaiolo, anche perché la Pizza Capricciosa, che contava sul 25% dei clienti, diceva:” O nel forno da sola, o niente.”
“ Occorrerebbe una Pizza Condivisa” – si augurò il Pizzaiolo-“ buona almeno per Quattro Stagioni”.
Ne venne fuori una pizza che si limitò a sospendere l’infornata di giugno, a rivedere il finanziamento pubblico ai forni autorizzando sconti sulla legna, e sulle pale per infornare, ma, quanto alla revisione del friariello elettorale, tutto si risolse a tarallucci e vino.
· 9)“ Non è per razzismo” disse la gallina “ ma l’uovo all’occhio di bue confonde ovipari e mammiferi, che la natura ha invece creato dotandoli di attributi nettamente distinti. “ Intanto”- replicò l’anfibio” la Francia ha autorizzato il matrimonio tra limoni e scaloppine”. “ Dimentichi che noi”- chiocciò la gallina” siamo un paese di Cucina Cattolica !”.
· 10) Cozze civili o cozze religiose? Comunque sia, la cozza può sempre divenire un penoso supplì, se gli sposi scoprono di non avere gli stessi gusti.
· 11) “Cameriere, questi spaghetti sono troppo al dente!”
“Il nostro chef è un odontoiatra, signore”rispose il cameriere.
“Sono di bocca buona, io” replicò il signore” ma questi spaghetti sembrano proprio porcellana”
“ E’ una nuova lega, signore” precisò il cameriere” che esime dalla necessità dello stuzzicadenti”
“Una nuova lega? Niente spaghi tra i denti? Ma guarda dove è arrivata la scienza moderna!” esclamò il signore colmo di sincera ammirazione.
Intanto il cameriere si era infilato guanti di lattice e aveva indossato una mascherina da chirurgo. Il signore aveva reclinato il capo sulla spalliera della sedia e già apriva docilmente la bocca.
“ Signore, ora le farò una leggera anestesia con uno spicchio d’aglio” disse il cameriere con tono rassicurante.
“Purché si sbrighi a far soffriggere l’olio” rispose il signore pentito di aver rimandato in cucina il piatto di spaghetti aglio e olio che aveva ordinato.
(dedicato a Luigi Mansi)
· 12) LILIANA “ Il segno più chiaro della presenza del Maligno” concluse l’Esorcista infilandosi in bocca con voluttà il “ boccone del prete” è, nei secoli, il Pollo alla Diavola”. “ La suora di clausura gli rispose (mentalmente) : “ Noi Lo combattiamo, il pollo alla Diavola, preparando, nel forno del chiostro, ogni notte alle 4, in silenzio, il Pane degli Angeli. Poi ne assaggiamo un boccone, attendendo l’alba in preghiera”. “ Non basta per salvarsi dalle fiamme dell’Inferno” urlò l’Esorcista “ E’ il desiderio della carne … alla brace … che va combattuto! Attenetevi, piccole suore, al pollo lesso … al brodino di carne … alle tisane, che tengono a distanza le salsicce piccanti del Maligno”.
· 13) MARCO Era così dolce per lo Zucchero a velo starsene ad ascoltare la musica sinuosa della danza dei sette veli e gli altri CD di Jazz, lassù, tra i quadri di Carlo Veli, davanti alla finestra, guardando distrattamente il golfo dove uscivano le pastiere con i loro grandi fiocchi di avena gonfiati dalla brezza! ma quando cominciavano a cadere le prime foglie e quel vento fresco scendeva dal Vesuvio imbiancato dalla prima neve, avrebbe preferito essere uno zucchero meno leggero, un tessuto meno vaporoso del velo, piuttosto una glassa compatta su una cassata.
·
14)MARCELLA Che i Cannoli siano stati adottati dalla cucina veneta in ricordo della battaglia di Lepanto quando centinaia di cannoli gettarono, inabissandole, sulle galere turche tonnellate di palle alla crema, è un dato confermato anche dalla Storiografia più vicina alle Zuppette. Che i Cannolicchi si mangino per ricordare i cannoncini da trincea della Prima Guerra Mondiale è questione più controversa, anche se ripresa recentemente da Scaturchio nel suo autorevole “ Cannoli e cannolicchi nel secolo breve” ed. Mulino Bianco.
· GUELFO 15)Un incestuoso avvocato di Forlì amava succhiare le caramelle Rossana: indovinate come si chiamava sua figlia.
· 16) La proposta teorica di Matte Blanco di una Cucina simmetrica porta al riconoscimento di una forma ibrida di cucina, la bi-cucina, che utilizza tanto gli ingredienti della tradizione culinaria classica, quanto le modalità della cucina simmetrica, nella quale domina il principio della reversibilità assoluta di tutti i piatti che via via si presentano nel profondo minestrone dell’inconscio.
Lacan, nel seminario II, e precisamente nel capitolo intitolato Di un gratin da non servire ci fa notare che il Godimento della pasta con ricotta, cioè la Cosa freudiana, è un sembiante o il contrario del sembiante, che è il non- si-può -non-cucinare, ma solo in quanto si riferisce al Discorso del Formaggio.
Quanto al grande Bion e alla sua autobiografia di non-ricette inconsce, intitolato Memorie del futuro , se niente se ne capisce, in ciò sembra consistere il retro-gusto del suo insegnamento: la Griglia della triglia è un Atto di fede, una Torta di Babele , un Arrosto di base, un Apparato per cucinare volto a spogliare lo chef dai ogni pre-concezione, perchè senta, ad ogni seduta davanti ai fornelli, di non aver mai visto prima quel piatto, che pure prepara più volte alla settimana, da anni, con il medesimo commensale .
· 17) Come si legge nelle Mille e una notte Alì BABA’ amava tanto il rum da portare un turbante sempre imbevuto di quel conturbante liquore. Sugli ogivali tetti biancheggianti della Galleria Principe Umberto, attorno alle guglie aguzze dei minareti di piazza Trieste e Trento, nelle mille Dolci Voglie di Bagdad, i passi notturni del BABA’ erano segnati da una scia fosforescente di gocce zuccherine.
Una notte , ebbro di RUM e di RUM-BA, sentendo che i quaranta ladroni sarebbero venuti a mangiarselo, si inondò di rum e disse loro :” Non mi uccidete: che vi darò la parte più preziosa del mio corpo.” E quelli, dopo essersi a lungo interrogati, conclusero , essendo rozzi e perversi, che la parte più preziosa non potesse non essere quella che più somigliava al babà. La divisero in quaranta bocconi e se la mangiarono, finendo ubriachi per tutto quel rum. Mentre erano addormentati Alì, che li aveva abbabbiati, fuggì dalla pasticceria dove era stato rinchiuso e si affrettò a fissare un appuntamento alla clinica Gambrinus, con un noto pasticcere plastico che gli rimpiazzasse quanto prima il babà asportato . Nei secoli ogni mangiatore di babà fa rivivere, per fortuna senza saperlo, il mito del ritorno del babà rimosso.
· Soppesando a lungo e con meticolosa attenzione i pro e i contro della Sopressata, l’indeciso si infilò nella strada tortuosa del Tortano , per finire, nel cuore della notte, solo e morto di freddo (era inverno), in un Bianco a neve.
· “Non sei né sodo né alla coque!” Inveiva la madre adottiva contro l’uovo meticcio. “Non sei né carne né pesce!”, così ripetevano all’insalata.
· Le Barba-bietole usavano portare lunghe barbe rossastre arricciate come Cavacciuoli. Lo facevano per distinguersi dalle glabre Bietole, quando entravano nelle bettole della Bielorussia in compagnia delle Penne rigate.
· Le Penne rigate non è che scrivano molto bene: su una sfoglia di pastafrolla qualche lettera appare sempre sfocata, come se il fuoco, per un difetto dell’impianto, si spegnesse a intermittenza. Tanto vale usare i Rigatoni, che permettono una scrittura più ordinata, seguendo le righe. Da evitare i Tortellini, a meno che non si voglia ottenere una scrittura arabescata.
· Sponsorizzato dall’ International Board of Fried Food, è stato pubblicato di recente uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco a gruppi paralleli sulle gravidanze a rischio. Impiegando per i primi otto mesi una dieta esclusiva a base di paste- cresciute e, all’uscita di conto, di panza-rotti, la percentuale degli aborti- sostiene lo studio- scende a zero. L’osservazione che è stata mossa a questo risultato, peraltro alquanto incoraggiante, anche se richiedente ulteriori verifiche, la leggiamo in una lettera all’editore del gruppo della “Friggitoria di via Cimarosa”, riguardo il possibile ruolo svolto dall’olio fritto che, come è noto, è ricco di precursori tanto degli estrosi estrogeni, quanto del virile progesterone. Lo stesso gruppo propone un trial più numeroso, impiegando come controllo la Frittura all’italiana. C’è da chiedersi se le cast-agne siano più caste degli scurrili “tirami su” e se i “finocchi” davvero, come si dice tra la gente, siano segnati da particolari inclinazioni.
· Il Tim-ballo di riso amava, come è noto, il ballo e in particolare la Salsa. Sulle note di una salsa cubana faceva in televisione la reclame della TIM. Poi, senza ragione, fu licenziato e la smise di ridere. “Il riso fa buon sangue” gli aveva sempre detto sua madre. Ma quando entrò nella schiera degli esodati, il sangue gli divenne Sanguinaccio.
· Il Sanguinaccio, nonostante il nome che si portava addosso per colpa di certi avi assai violenti, non era un tipo cattivo. Certo era un po’ sanguigno, ma la Cioccolata amava farsi coccolare da un macho come lui. “ Porco” gli sussurrava nell’orecchio peloso mentre si fondevano.
· Coca e Cola erano due sorelle che si esibivano in un locale di Miami; Pepsy era la loro cugina di Chicago. Possiamo dire che erano tre ragazze un po’ drogate. Finchè incontrarono San Pellegrino, che le convertì (o cercò di farlo) a una vita un po’ meno frizzanti
· Nelle case da gioco, e nel gioco on-line, oltre alla solita roulette, è tornato di moda il Baccalà. E’ indegno che questo Stato, per fare cassa, incoraggi il Baccalà. Molta gente, non potendo far fronte ai debiti contratti con il Baccalà, si è suicidata. I telegiornali ce li fanno immaginare ormai rigidi come Stoccafissi. Occorrerebbe sottoscrivere una proposta di legge di iniziativa popolare per bandire il Baccalà una volta per tutte. ·
18) XMIRIAM Intinse la penna nel calamaro e vergò con il nero di seppia una lettera che iniziava così: “ Gentile Signora M.,da quando ho danzato stretto tra le sue otto braccia, valva contro valva, le sue branchie appena imporporate, occhi di triglia dietro le pinne, al frangersi dell’acqua pazza contro la scogliera, l’orchestra persa nel plancton sublunare, la mia immaginazione è andata oltre i delfini dell’ardire, lontano, verso il faro del promontorio, sognando di incontrarla di nuovo. La mia vita nuoterà senza meta se domani, signora, alle 17 precise, non la rivedrò, all’ingresso posteriore del Vecchio Acquario, lontano da guizzi indiscreti, dove una carrozza di pescheria saprà condurci nella vasca dell’oblio e dell’ebbrezza”. Firmò Marcel e affidò la missiva alla sua nonna raccomandandole di cercare una certa pietra d’inciampo , che avrebbe identificato, sulla strada del tempo perduto, la casa della signora M..
· X19) GIORGIANel ristorante La Contessa le teste coronate avevano ormai terminato il banchetto e fuori, lungo le siepi di gigli di Francia, i lacchè, che dopo tante ore finivano per appisolarsi, si erano levati e già armeggiavano coi predellini delle carrozze foderate di raso, e già i cocchieri spegnevano le loro pipe di terracotta e sciacquavano le ciotole della pasta con le sarde.
“ Chiedo devotamente, con il rispetto che si deve a Lorsignori, a chi posso, umilmente, presentare questo piccolo conto, che potrebbe, ma non sarò certo io a suggerire alcunché alle vostre dottrine, essere suddiviso in tanti minuscoli conti , non potendo io, in quest’anno di carestia, offrir loro ciò che invece si meriterebbero, del che il mio cuore sarebbe altamente onorato”
sussurrò l’oste, inchinandosi fin quasi a toccare con la fronte le mattonelle di maiolica del pavimento, mentre alle sue spalle, ma a qualche passo di distanza, cuochi, camerieri e fantesche schierati sull’attenti come un drappello d’onore, fingevano di non guardare i resti caotici del banchetto, che giacevano sul broccato macchiato di vino e di salsa come le spoglie sanguinolente di uomini e animali dopo una battaglia.
I cembali, la spinetta, le mandole tacquero, imbarazzate. Ma , dopo un istante che parve interminabile, nell’improvviso silenzio iniziò un crescendo altissimo di dotte puntualizzazioni araldiche, il cui nucleo essenziale potrebbe essere così riassunto:
” Imperocchè re, monsignori, duchi, ecc. ecc. per secula seculorum, re Artù imperante sotto la lux Spiriti Sancti, coronato apud tabulam rutundam a Maria Virgo, ecc. ecc. mai contra naturam i conti fecerunt, conseguentiter e qui fioccò una serie di citazioni del Diritto Romano, che terminarono con una sentenza inappellabile :nulla pecunia ab illis exborsanda esto…”.
Le fonti dunque, nessuna esclusa, portavano inevitabilmente a una sola conclusione, che i conti dovessero essere saldati dai gentiluomini di rango inferiore, gli unici che potessero farlo senza violare la Magna Carta e lo spirito del Concilio di Trento, e cioè dai baroni.
Uno di questi, ridotto così sul lastrico e assillato dai creditori, finì per spararsi un colpo alle cervella nel suo palazzo della Duchesca.
· X20) ANNAMARIA e LUCIANel terso mattino di Annamaria gli arancini di riso maturavano sui rami protetti dalle stuoie, le bottiglie di limongello di ogni grandezza oscillavano alle prime brezze di primavera producendo un tintinnio argentino quando i refoli più vivaci accostavano il vetro in mille brindisi, i cavolfiori oscillavano sui lunghi steli mentre l’olio di semi grondava in gocce minuscole dai tronchi dei sedani. Se scavavi anche solo di un palmo, trovavi già maturi i panzarotti e più giù, perché ancora acerbe, le patate. Sulla sommità dei mandarini centenari le grandi pizze rotonde ospitavano le mucche pezzate sprizzanti latte in centinaia di ruoti, posti più giù, sulla biforcazione dei rami, dove il sole che filtrava tra le foglie, a fuoco lento, preparava besciamelle. Nel ruscelletto di ricotta nuotavano pigramente i dadi di prosciutto cotto; il salame, con il suo muso da tinca, faceva capolino tra i carciofi cardinalizi, sospesi a mezz’aria come gli asparagi, che a Maggio, la stagione dei matrimoni, sarebbero penetrati nelle stanze nuziali per fecondare le uova, già in boccio da un mese, come bianchi germogli dal cuore giallo, sulle grate dei pollai, dove polli e cipolle si accoppiano tra il granone e i limoni fosforescenti e le scorzette acidule e zuccherine di Lucia.
Nel suo letto solitario il vecchio pittore fiammingo sognava con nostalgia quella campagna .
· X 21)RENATO“Sei meno che zero !” urlava la torta multi foglie alla farina mentre il vento faceva stormire le sue molte foglie come una mano invisibile che sfogliasse i fogli di un libro voluminoso. E certo non aveva torto: la farina era “farina doppio zero” e aveva deciso di non mangiarsi più e di diventare anoressica, sottile come una sfoglia sottile. Lo psico-dietologo riuscì a farle ingoiare qualche Sfogliatella ogni giorno con la promessa che non sarebbe aumentata di un solo grammo. Le erano tornate le mestruazioni e lo comunicò con un SM allo psico-dietologo. Dal doppio zero passò allo zero e poi ai numeri positivi e presto si accorse che la madre- torta -multi foglie urlava ormai solo a sé stessa.
· X22) MARCELLANel 1848 gli spaghetti alla carbonara, incerti tra il parmigiano e il pecorino, avevano messo su un po’ di pancetta. Garibaldi, con la sua Spedizione, aggiunse loro del pepe, e Cavour li trasse fuori dalle miniere di carbone e dai camini, col disegno di inserirli nel gioco della Cucina Istituzionale. Ma presto- era nella loro natura di piatto ribelle alle codificazioni- finirono per tornare nelle cucine dei ristoranti a cospirare per l’Unità di Tutti gli Spaghetti Europei. Forti delle mille calorie per piatto, si spesero nel (tuttora) vano sforzo di portare a compimento il Grande Menù mazziniano, dopo il sacrificio dei Pesci Bandiera e le battaglie di Pastiera, Mascarpone e, per l’appunto, Carbonara.
· X23)ANGELAIl ragù era tremendamente lento: impiegava molte ore soltanto per essere chiamato così, e solo nelle cucine di Ragusa. A Siracusa lo chiamavano, Siragù, perché diceva sempre di si quando era in quella città. Quanto alla città indiana di Ragoon, se lo chiamavano fingeva di non comprendere il dialetto locale, e se ne stava pigramente a ribollire sui gradini del tempio.
Ma ancora più lenta era la Genovese, che , pur essendo una brava donna, faceva scorrere le lacrime a chi puliva i due chili di cipolle e poi le girava e rigirava nel tegame, per almeno tre ore, finché, liquefacendosi, diventava una pioggia d’oro , profumata con foglie di alloro, a condire quella parte preziosa del manzo che si chiama “corazza”, che deve rosolare nel vino fino a che il vino sia tutto evaporato,
mentre il grande fotografo è fotografato da briosce e dolcetti mentre occhieggia , sensuale e metafisico, dal piatto.
· X 24)ARIANNA Dopo aver percorso sentieri di-versi,si appoggiò allo scorfano dell’auto. L’auto si era improvvisamente arrestata giusto all’uscita della tangenziale nel momento in cui lei stava pensando a una zuppa di pesce o a qualcosa di simile. Forse era il branzino ad essersi ingolfato con la carpa del capitone, o era venuta meno, dopo tanti anni, la cernia del gamberone, forse era il tonno dello storione ad avere ceduto o il nasello, la dove il gianchetto si inserisce nel dentice della cernia.
“È la seppia che va cambiata” concluse invece il meccanico,.” Vede?” E tirò fuori dalla pentola del motore una seppia che un tempo doveva essere ripiena di carciofini e pinoli, e qualche antica alga. “ Oggi la seppia non la fanno in umido, come prima, ma stufata con piselli e pomodoro e questi non reggono, non reggono più la cottura e dopo meno di quarantamila chilometri si devono cambiare”. Artusi era un bravo meccanico e, cosa rara, veramente onesto.
· X Se la panna montata si era montata la testa, le spumette non erano da meno. Dopo una visita agli Uffizi andavano in giro dicendo che senza di loro Botticelli non avrebbe potuto dipingere quella schiuma leggera sulle increspature marine della Nascita di Venere. Poverine! È a tutti noto che sono solo il bianco di un uovo abbattuto.
· X La torta pasticcera La Torta Pasticcera, conseguito il diploma presso l’ Alta Scuola Alberghiera di Pannes ( la ridente cittadina della Cotta Azzurra sede del noto festival culinario), decise di aprire un negozio di dolci al numero 15 di rue de la Degustation. Sull’insegna fece scrivere in ghirigori demodé col tuorlo d’uovo (su un bel fondo color latte )“ La Torta -Pasticceria”.
Le cose andavano bene. Fin quando, sul marciapiede di fronte, e precisamente al numero 22, si aprì un altro negozio di dolci. L’insegna diceva “ La Dritta- Qui non si fanno pasticci”. Dobbiamo riconoscere che i dolci e i biscotti della “Dritta”, avendo come prototipo la “zuppetta”, erano sempre squadrati , terminavano rigorosamente ad angolo retto e presentavano virtuose superfici sempre perfettamente lisce. Anche i conti di cassata erano un libro aperto, per non parlare del savoiardo fiscale, che veniva sempre rilasciato.
Fu così che i clienti dei due negozi si divisero automaticamente secondo due tipologie: alla Diritta confluirono alti magistrati difensori della integrità della Costituzione del paese, intellettuali che avevano fatto voto di castità, asceti, professori di Filosofia Morale, vecchi esponenti del Partito d’Azione ; della Torta finirono per diventare acquirenti evasori fiscali, consiglieri provinciali, portaborse di politici autorevoli, alti prelati, commercialisti, piduisti, fruttivendoli.
· X Si arrestò sulla sogliola della porta di casa carezzandosi le tempie per il dolore: il solito mal di cefalo! Rientrò senza accendere la luce, afferrò l’aguglia e se ne iniettò nel gluteo tutto il contenuto .Oramai, quando la cefalea montava come un va e vieni di onde sempre più vigorose o impazzava in una improvvisa tempesta, la sardina Bayer risultava del tutto inefficace.
In pochi istanti la marea si quietò e fu in strada nell’aria salmastra del primo mattino. Sollevò la saraghinesca ed entrò guizzando nella sua pescheria, sarago e tonno come un ciciniello.